I docenti di musica dell’appello contro il “greenpass” rispondono a Zagrebelsky

Siamo quattro professori di “musica da camera” dei conservatori italiani che hanno firmato l’appello dei docenti contro il greenpass (nogreenpassdocenti.wordpress.com). Abbiamo letto nei giorni scorsi, non senza un certo stupore, le osservazioni di Gustavo Zagrebelsky a proposito della nostra adesione. Il giurista ha infatti rilasciato dichiarazioni in cui sosteneva che la nostra materia poco c’entra con la pandemia, lasciando intendere che, in quanto docenti di musica, non dovremmo occuparci di simili faccende.

La collega Stefania Redaelli ha già avuto modo di rispondere puntualmente. E posto il fatto che ci pare di osservare che gli esperti non abbiano garantito alcuna certezza né una risposta univoca ed efficace nell’ultimo anno e mezzo, forse sfuggono a Zagrebelsky alcuni semplici dati, pure ricavabili facilmente dal testo dell’appello e che credevamo comprensibile a tutti: la lettera – arrivata ad oggi a quasi 1000 firme di accademici italiani – è tutta incentrata sull’uso discriminatorio del lasciapassare verde, che consideriamo uno strumento iniquo in generale e che ci colpisce direttamente come docenti, ricercatori e cittadini. Dovremmo forse rimanere in silenzio di fronte a misure che riguardano l’accesso al nostro luogo di lavoro e che rischiano di produrre disuguaglianze tra i nostri studenti?

Il lasciapassare è oltretutto uno strumento la cui sensatezza – in ogni luogo di lavoro – è messa in discussione da molti esperti del settore (visto che su questo si snoda la critica del giurista), ma ci sfugge ancor meno il senso di tale strumento nel contesto in cui lavoriamo, dove spesso le lezioni vengono erogate singolarmente agli studenti, dunque con una possibilità di mantenere la distanza di sicurezza assai maggiore rispetto a qualsivoglia altro contesto. Per porsi domande e fare certe osservazioni non occorre essere “esperti”: ci sono molti elementi che necessitano di semplice “logica” per essere compresi.

Ci appaiono poi oltremodo sterili e fuori contesto le osservazioni di alcuni accademici, talora espresse con un tono di malcelata sufficienza, che ci etichettano come accademici di “serie B”. Evidentemente lo sporco lavoro di un’“informazione” che somiglia sempre più alla propaganda sta intaccando anche qualche mente accademica autoreferenziale che ci vede come i cugini poveri pur non sapendo assolutamente nulla del nostro mondo.

Insomma, il solito “divide et impera” che porta costoro e Zagrebelsky a guardare la luna e non il dito, che rischia di schiacciare ogni dissenso e disarticolare l’universitas (che è molteplicità di saperi) al fine di distruggere quel poco che è ancora in piedi di una cultura stupenda, ricca e variegata come quella italiana…

Risulta ancor meno comprensibile l’idea che solo gli esperti del singolo settore abbiano diritto di parola sull’argomento specifico. Se fosse vero che solo gli “esperti” hanno il “verbo unico e incontestabile”, perché gran parte della nostra salute fisica e sociale è oggi affidata ufficialmente anche a zanzarologi, veterinari e medici da salotto? Se ognuno deve occuparsi del proprio ristretto ambito, avremmo una società a compartimenti stagni, dove il dibattito politico sarebbe unicamente riservato a politici di professione, con una conseguente limitazione della libertà di espressione e un potenziale potere di governo illimitato e senza opposizioni.

Sebbene sembri esser questo il risultato sperato da alcuni, così come quello di una società con cittadini di serie A e di serie B ma tutti parimenti atomizzati, distanziati, tecnologicamente orientati ad un triste post umanesimo, noi rivendichiamo – come docenti e sì, come docenti di “musica da camera” – il nostro diritto di critica per misure che colpiscono noi e i nostri studenti e che riteniamo profondamente discriminatorie.

Luca Braga

Guido Felizzi

Francesco Pepicelli

Mauro Valli